14 ottobre 2010
Sottoprodotto ed energie rinnovabili (biomasse)
Nei precedenti post (Energie rinnovabili fra sostenibilità economico-ambientale e coerenza normativa; Il concetto di biomassa, fra confusione e suggestioni interpretative) ho cominciato ad accennarvi ai molteplici contenuti dell’interessante sentenza del TAR di Torino n. 1563 del 2009 (che potete leggere nella versione integrale collegandovi al sito di Natura Giuridica).
In particolare, nella scorsa puntata sottolineavo che, nonostante fosse superfluo, il TAR di Torino ha affrontato anche la “problematica sottoprodotto”.
L’esigenza alla base di questa precisazione è semplice: la politica di incentivazione delle fonti di energia rinnovabili non può vanificare la corretta gestione dei rifiuti.
Come coordinare, quindi, le due politiche?
E come conciliare le esigenze di tutela dell’ambiente con quelle economiche?
Il TAR di Torino, dopo aver sinteticamente ricordato i requisiti enucleati dalla Corte di Giustizia in tema di sottoprodotto, ha affrontato il nodo relativo alla presunta mancanza – nella vicenda de qua – di uno di questi: il reimpiego nel medesimo ciclo produttivo.
Il nòcciolo del ragionamento, effettuato dal giudice amministrativo, è il seguente.
Per ipotizzare futuri scenari di sostenibilità – ambientale, energetica ed economica – è necessario trovare uno stabile equilibrio fra le diverse (e contrapposte) esigenze in gioco, ognuna con un suo, diverso, peso specifico.
Dal punto di vista normativo è necessario, quindi:
• non restringere eccessivamente il concetto di rifiuto, per evitare facili elusioni della relativa disciplina ma, nello stesso tempo,
• non ampliarlo in maniera eccessiva, senza tener conto delle continue evoluzioni delle conoscenze e delle tecnologie, grazie alle quali è possibile riutilizzare, in modo ambientalmente ed economicamente vantaggioso sostanze in precedenza destinate ad essere trattate come rifiuti.
Il ruolo della giurisprudenza, in questo senso, è stato fondamentale, e ha consentito di interpretare in modo dinamico concetti giuridici troppo statici per rappresentare “la modernità” sostenibile.
E così – per rimanere entro i limiti dell’analisi sul sottoprodotto, effettuata da TAR Torino – la Corte di Giustizia:
- ha ammesso il reimpiego del sottoprodotto in un ciclo produttivo diverso;
- ha previsto la possibilità di riutilizzo dei sottoprodotti per soddisfare il fabbisogno di altri operatori economici, diversi da quelli che li hanno prodotti;
- ha ribadito che l’effettiva esistenza di un rifiuto va accertata alla luce del complesso delle circostanze, tenendo conto della finalità della direttiva e in modo da non pregiudicarne l’efficacia.
In definitiva, la Corte di Giustizia ha posto l’accento sul criterio soggettivo di individuazione del rifiuto – ancorato alla necessità/intenzione o meno del titolare di “disfarsene” – rispetto al criterio oggettivo di mera e rigida catalogazione delle categorie dei rifiuti.
Sulla scia di questa evoluzione interpretativa, è possibile dare una risposta ai due interrogativi, posti all’inizio di questo paragrafo: se è vero che la politica di incentivazione delle fonti di energia rinnovabili non può vanificare la politica di corretta gestione dei rifiuti, è altrettanto vero che “il coordinamento delle due politiche non si realizza ipotizzando una reciproca esclusione tra il concetto di biomassa fonte di energia rinnovabile e il concetto di rifiuto […]
Il coordinamento delle due politiche meglio si comprende come possibile nella sua dinamica se si considera il criterio soggettivo di individuazione del rifiuto ricavabile dalla giurisprudenza comunitaria che può garantire e spiegare la coesistenza parallela delle due politiche”, oltre che concretizzare una nozione molto relativa (quella di rifiuto), che non può permettersi di rimanere ancorata ad una “visione intrinseca” del valore dello stesso, e di non adattarsi ai molteplici, e concreti, casi della vita produttiva.
In definitiva, il metodo di analisi è quello visto nel paragrafo precedente, a proposito di biomasse: occorre passare dall’astrattezza definitoria (testo) all’analisi del caso concreto (contesto).
Così come è possibile, cioè, che un bene, astrattamente utilizzabile in un qualche ciclo produttivo, non sia concretamente utilizzabile in quel ciclo, è altrettanto possibile (e la vicenda de qua ne costituisce un pratico esempio) che quello stesso bene possa essere concretamente utilizzato, come sottoprodotto, in un altro ciclo produttivo, e il suo impiego sarà certo, perché colui che ha acquistato il “sottoprodotto” già lo ha con certezza destinato alla riutilizzazione e quindi, quantomeno in capo a costui, il problema del reimpiego sarà nuovamente azzerato.
Nella prossima, e ultima puntata, vi parlerò dell’uso distorto delle competenze provinciali e delle conclusioni personali
Scritto il 14-10-2010 alle ore 10:54
Quando si parla di sostenibilità economico-ambientale a prescindere da quelli che sono i vari intrecci legislativi, bisognerebbe porsi a priori un problema fondamentale:
“la soluzione delle energie rinnovabili si sposa benissimo con le nostre esigenze anche se non risolve il problema”
“oggi il concetto di produzione ha perso il suo significato fondamentale, poichè, si produce tanto, ma si consuma più di quello che la produzione ci offre”
esempio: il recupero dei materiali ferrosi non sempre offre vantaggi per l’ambiente, poichè capita che dietro l’utilizzo di questi rifiuti ci trasciniamo nell’ambiente il problema dell’immissione di sostanze inquinanti derivanti dalla concomitante presenza di vernici, plastiche, altri materiali pesanti. Paradossalmente per produrre lo stesso prodotto ferroso per l’ambiente converrebbe utilizzare i minerali e per il portafoglio utilizzare il recupero dei materiali ferrosi.
Oggi si parla infatti di sostenibilità ambientale, ma spesso le cose sono soltanto illusioni.
Questo piccolo esempio mi fa pensare che stiamo spingendo troppo il piede sulla TERRA.
Non ci servono NORME, poichè la prima legge naturale è quella che bisognerebbe cominciare realmente a pensare che vivere meglio e produrre di più significa bilanciare le nostre esigenze, magari consumare meno in termini di energia organizzando e snellendo la macchina amministrativa che assorbe oltre alle tasse una notevole quantità di energia dalle imprese e dalle famiglie.